Per Giuseppe speranza negli Usa
la tribuna di Treviso — 18 marzo 2008 pagina 25 sezione: CRONACA
PREGANZIOL. Volano in America le cellule del piccolo Giuseppe Tomasello, il bimbo di un anno e mezzo di Preganziol affetto da una rara forma di distrofia metabolica. Il viaggio della speranza è verso la Columbus University di New York, dove lavora il professor Salvatore Di Mauro, uno tra i maggiori esperti mondiali di patologie mitocondriali. Le cellule di Giuseppe hanno raggiunto nelle scorse settimane la clinica di ricerca statunitense, dove il professor Di Mauro sta studiando una terapia sperimentale farmacologica per il bimbo. L’obiettivo scientifico della ricerca, di cui Giuseppe Tomasello è apripista, è quello di trovare un nuovo farmaco che permetta il prolungamento della vita delle cellule mitocondriali e di conseguenza anche della vita dei piccoli pazienti affetti da malattie simili a quella del piccolo di Preganziol. Sin dalla nascita, Giuseppe combatte infatti contro una rarissima forma di distrofia metabolica che non ha neanche un nome e che impedisce la trasmissione di energia dai mitocondri a cervello e muscoli. Lo screening dei geni compiuto nei mesi scorsi a Monaco dal professor Zeviani ha permesso di identificare il gene deficitario, ossia la causa della sua malattia. Manca però ancora una cura per regalare una più lunga speranza di vita al bimbo che da un anno è in cura all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. E proprio dal reparto delle malattie metaboliche del nosocomio toscano che nelle scorse settimane sono partiti verso la Columbus University i fibroblasti, un particolare tipo di cellule del tessuto connettivo, prelevati da Giuseppe e da un altro bimbo. Il materiale cellulare è ora nei laboratori del professor Di Mauro, luminare per questo tipo di patologie infantili. Al medico ed alla sua equipe tocca la sfida di trovare una terapia farmacologica adatta per ogni tipo di gene deficitario, abbinando a questo una cura specifica che permetta il prolungamento della vita delle cellule mitocondriali e di conseguenza il prolungamento della vita dei piccoli pazienti. Attualmente, infatti, la speranza di avere un futuro per i bimbi come Giuseppe si ferma alla soglia dei due anni. (ru.b.)